Prestigioso riconoscimento da parte della European Stroke Organization e dell’organizzazione Angels

“Medaglia d’oro” alle Stroke Unit dell’Ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì e  dell’Ospedale Civile di Baggiovara (Modena) per gli alti livelli ottenuti nel trattamento dell’ictus ischemico: i due centri sono stati infatti insigniti dell’ESO (European Stroke Organization) Angels Awards livello Oro.

Un riconoscimento che arriva direttamente dalla società europea di riferimento per le patologie cerebrovascolari (ESO, appunto) e da Angels, organizzazione che ha come obiettivo la formazione degli operatori per migliorare il trattamento dell’ictus, costruendo un percorso condiviso il più virtuoso possibile e in grado di ridurre i ritardi, anche minimi, tra il tempo di arrivo in ospedale e la fase di terapia e ricovero. L’iniziativa ha già coinvolto 600 centri ospedalieri in tutt’Europa, allo scopo di realizzare un network di eccellenza nella cura dell’ictus ischemico.

Per la Stroke Unit dell’Ospedale Civile di Baggiovara, l’ESO Angels Awards è una conferma dopo il riconoscimento già ottenuto nel 2018 e 2019; per la Stroke Unit di Forlì – che ha aderito da quest’anno al progetto Angels – si è trattato di un ingresso che ha premiato subito i risultati dell’attività del centro.

“Questo riconoscimento europeo conferma come la sanità dell’Emilia-Romagna sia ai vertici nazionali anche su un fronte drammatico come quello dell’insorgenza dell’ictus ischemico, che rappresenta la seconda causa di morte a livello mondiale– commenta l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. La professionalità e la competenza dei nostri specialisti e la continua ricerca per migliorare costantemente l’approccio clinico a questa patologia sono una garanzia di cui dobbiamo andare orgogliosi. È necessario, però- prosegue l’assessore- continuare a lavorare anche sulla prevenzione, favorendo stili di vita sani: è ampiamente dimostrato, infatti, che fumo, abuso di alcol e sovrappeso, uniti ad altri fattori, sono tra le cause principali dell’ictus. La Regione- conclude Donini-, anche su questo fronte, è impegnata con campagne di sensibilizzazione sugli stili di vita, oltre che sul riconoscimento rapido dei sintomi: intervenire rapidamente è fondamentale per il paziente”.

Ictus, i dati dell’Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna nel 2019 sono state ricoverate 6.853 persone con ictus ischemico acuto; 1.239 le trombolisi endovenose (trattamento farmacologico che consente di dissolvere un trombo) effettuate, con una percentuale del 18,1% sui ricoveri, e 593 le trombectomie meccaniche (intervento che rimuove meccanicamente il trombo), con una percentuale pari all’8,7%. I decessi sono stati 512. La mortalità a 30 giorni dalla data di ricovero è pari al 9% dei ricoveri, in linea con la media nazionale.

Cosa fa la Regione  

Impegnata da anni nell’assistenza alle persone colpite da ictus cerebrale, la Regione Emilia-Romagna ha definito la rete dei servizi socio-sanitari per garantire la tempestività della presa in carico attraverso la gestione delle varie fasi: emergenza-urgenza, acuta e post-acuta. Nel 2015 è stata confermata l’organizzazione dell’assistenza secondo il modello Hub & Spoke (reti cliniche integrate) per le discipline e attività di rilievo regionale, fra cui la rete delle neuroscienze e dell’assistenza all’ictus.  

Attualmente in Emilia-Romagna sono 13 le Stroke Unit autorizzate all’erogazione della trombolisi endovenosa (10 nei reparti di Neurologia e 3 in reparti di Medicina); 5 gli ospedali anche sedi di effettuazione della trombectomia meccanica (Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, Azienda ospedaliero-universitaria  di Modena, Irccs – Istituto delle Scienze Neurologiche dell’Ausl di Bologna presso l’Ospedale Maggiore di Bologna, Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara e Ospedale Bufalini di Cesena dell’Ausl della Romagna).

“Vedo, riconosco, chiamo”. La campagna regionale di sensibilizzazione per il riconoscimento precoce e tempestivo dei sintomi dell’ictus cerebrale

Ogni due secondi, nel mondo, qualcuno viene colpito da ictus. Può succedere ovunque, anche nella quiete degli spazi lettura della Biblioteca Sala Borsa, in piazza Maggiore a Bologna, dove il comico e attore Giuseppe Giacobazzi – in una situazione ai confini tra sogno e realtà – interviene e allerta prontamente il 118 per tre casi di ictus, che si verificano uno dopo l’altro. Giacobazzi è il testimonial scelto dalla Regione per la campagna di sensibilizzazione, realizzata con un video e materiale disponibile su internet. Lo slogan è “Vedo, riconosco e chiamo”, con un obiettivo preciso: spingere le persone a individuare in modo precoce e tempestivo i sintomi dell’ictus cerebrale, per poter chiamare al più presto i soccorsi.

Cos’è l’ictus

Quando il cervello, in seguito alla chiusura o alla rottura di un’arteria, non riceve più sangue (ischemia) o viene inondato da sangue “stravasato” da un’arteria rotta (emorragia) si verifica l’ictus cerebrale. Ci sono quindi due tipi di ictus: ischemico (dovuto alla chiusura di un’arteria cerebrale) o emorragico (causato dalla rottura di un’arteria cerebrale).

Fattori di rischio per l’ictus sono la pressione alta, alcune cardiopatie e aritmie tra cui la fibrillazione atriale, il diabete, il sovrappeso, elevati livelli di colesterolo, il fumo e l’abuso di alcool. In altri termini, è lo stile di vita che aumenta in maniera consistente l’insorgenza della patologia. Patologia che si manifesta improvvisamente, con sintomi quali la paralisi, o il formicolio al viso, al braccio e alla gamba; la vista annebbiata o diminuita in uno o entrambi gli occhi; la difficoltà a pronunciare o comprendere frasi; la perdita di equilibrio, la vertigine e la mancanza di coordinazione. 

L’ictus cerebrale rappresenta la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza nei Paesi dove è maggiore lo sviluppo economico, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori. Causa il 10%-12% di tutti i decessi nell’arco di un anno ed è la principale causa d’invalidità e la seconda di demenza.

L’ictus cerebrale rappresenta nei paesi industrializzati una delle più importanti problematiche sanitarie costituendo la prima causa di invalidità permanente oltre che la terza causa di morte. Trattare l’ictus in maniera precoce ed adeguata è quindi fondamentale per garantire una migliore prognosi al paziente riducendo di conseguenza anche l’impatto socio-economico della malattia. In Italia, l’incidenza annua stimata sfiora i 200.000 casi, il costo medio dell’assistenza è stato calcolato essere di circa diecimila euro nei primi sei mesi, con un costo medio annuo a carico del Servizio Sanitario Nazionale di ventimila euro oltre ad un costo medio annuo a carico della famiglia e della collettività stimato intorno ai trentamila euro. A partire dal primo trimestre 2020  l’Ausl Romagna, ha aderito al progetto europeo Angels che viene effettuato presso le stroke unit aziendali. Il progetto, patrocinato dalla  European Stroke Organization (ESO) e   dalla Italian Stroke Organization  ( ISO )   ha come obiettivo  la “formazione degli operatori per migliorare il trattamento dell’ictus , costruendo un percorso condiviso che sia il più virtuoso possibile e che consenta di ridurre i ritardi negli intervalli tra il tempo di arrivo in ospedale e la fase di terapia e ricovero”. L’iniziativa ha già coinvolto 600 centri nosocomiali in tutta Europa , al fine di  realizzare un network di eccellenza europeo nella cura dell’ictus ischemico.

” Angels  – spiegano gli organizzatori – è un’iniziativa internazionale che mira a costruire una comunità globale di ospedali e di professionisti che lavorano ogni giorno per migliorare la qualità del trattamento dei pazienti con ictus. La mission di Angels è semplice: aumentare il numero di ospedali “stroke-ready” sul territorio e ottimizzare la qualità delle cure in tutte le stroke unit esistenti. Uno dei pilastri del progetto Angels è il monitoraggio di qualità e di fatto Angels partecipa al programma di Quality Improvment della European Stroke Organization, attraverso il sistema ESO Angels Awards

Il riconoscimento ESO Angels vuole onorare e riconoscere gli stroke team che si impegnano quotidianamente per migliorare la qualità del proprio lavoro. “

La partecipazione al progetto permette ai centri aderenti di poter valutare i propri livelli di efficienza nella cura dell’ictus condividendoli con il resto dell’Europa. Misurare e confrontare sono azioni fondamentali alla base del continuo miglioramento clinico. Dalla valutazione dei tempi del percorso diagnostico terapeutico dei pazienti sottoposti al trattamento trombolitico nell’ospedale di Forlì – spiega il direttore della Unita’ Operative di Neurologia e Stroke Unit, il dottor Marco Longoni – è risultato che, per il primo trimestre 2020, il reparto forlivese è stato insignito dell’ESO Angel Awards di livello Oro, conseguito in passato solamente da undici centri in Italia.” “Questo significa – spiega il dottor Longoni – che il centro di Forlì, presenta un livello di qualità nel percorso dello stroke finalizzato alla terapia trombolitica ed all’accesso alla stroke unit in armonia con i migliori standard europei. La linea vincente per il futuro sarà continuare a misurarsi e confrontarsi in modo da garantire il mantenimento del livello di qualità acquisito indipendentemente dall’avvicendarsi dei modelli organizzativi conseguenti al continuo cambiamento dello scenario epidemiologico. Inoltre, sarà sempre più necessaria la selezione dei pazienti a livello pre-ospedaliero sulla scorta di indicatori clinici che permettano di collocare nella struttura ospedaliera più adeguata i singoli cittadini affetti da malattia cerebrovascolare. La selezione appropriata del paziente da centralizzare direttamente negli Hub rispetto ai centri Spoke permetterà di evitare perdite di tempo nell’accesso alla cura con conseguente impatto positivo sulla prognosi di malattia. In quest’ottica l’impiego di metodiche di teleassistenza (progetto iniziato a Forlì con altre finalità, durante l’emergenza Covid ) potrebbe essere funzionale in fase pre-ospedaliera contribuendo significativamente alla riduzione dei tempi del percorso stroke, che come sappiamo è patologia in cui il fattore tempo è determinante. L’integrazione dell’equipe insieme a un modello organizzativo funzionale, sono elementi imprescindibili per il raggiungimento di tale risultato.”