Il ministro Bussetti ha diminuito le ore per l’alternanza scuola-lavoro, ma la diminuzione della prove è opera del precedente governo
L’insegnamento è attività tesa a segnare trasmettendo un metodo e contenuti che dovrebbero consentire di vivere in modo consapevole nel proprio contesto. Insegnamento deriva infatti dal latino insignare composto dal prefisso in unito al verbo signare (imprimere, fissare, segnare) che a sua volta rimanda al sostantivo signum (marchio, sigillo).
I ministri che si sono succediti alla guida del MIUR – Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca – hanno certamente lasciato il segno; la così detta “maturità” prova di fine ciclo degli studi, istituita dal ministro Giovanni Gentile nel lontano 1923, è infatti “mutata più negli ultimi vent’anni che nei precedenti settanta”.
Ad anno scolastico iniziato, con la circola dello scorso 4 ottobre, il ministro Bussetti annuncia che le prove scritte saranno due, per l’ammissione all’esame non saranno requisiti di accesso né la partecipazione, durante l’ultimo anno, alla prova nazionale Invalsi – che comunque si farà a marzo – né lo svolgimento delle ore di alternanza scuola lavoro, pratica introdotta dalla riforma della ‘Buona scuola’ del governo Renzi.
Il credito scolastico maturato nel corso dell’ultimo triennio varrà fino a 40 punti e non più 25, mentre saranno introdotte griglie di valutazioni nazionali per la correzioni delle prove scritte.
E’ superficiale ritenere i mutamenti siano da attribuire al “Governo del cambiamento”; anche se è pur vero che Bussetti c’ha messo del suo diminuendo drasticamente le ore di alternanza scuola lavoro. I lavori della Commissione che ha proposto la diminuzione delle prove scritte da tre a due, dettandone gli obiettivi da conseguire, è stata istituita in realtà dal precedente ministro, Valeria Fedeli e guidata da Luca Serianni, uno dei nostri migliori linguisti.
C’è da augurarsi che i mutamenti introdotti abbiano successo e stabilizzino la maturità. Quando così non fosse? Altra riforma è in agguato, per lasciare il segno, se non il sigillo, di altro ministro.