
Condividere storia e opportunità sono l’unica strada per smarcarsi da inutili strumentalizzazioni
PREDAPPIO – Sono diversi giorni che ci troviamo di fronte ad accesi confronti, ad opinioni differenti sulla proposta presentata dal Comune di Predappio, insieme alla Regione, sull’insediamento di un centro studi dedicato ai primi anni del Novecento italiano con un approfondimento sul periodo fascista: questo all’interno di un progetto di recupero dell’ex Casa del Fascio di Predappio.
Le suggestioni che questa vicenda suscita, sono numerose. Noi, in quanto architetti, siamo interessati a focalizzarci sul tema sulle componenti architettoniche e di patrimonio edilizio lasciando completamente al di fuori ogni tipo di polemica politica.
Innanzitutto è interessante inserire l’iniziativa nel suo contesto. Il recupero della struttura rientra nel progetto europeo “Atrium” dedicato alla valorizzazione dei lasciti architettonici dei regimi totalitari europei a cui hanno aderito diversi paesi insieme all’Italia, dalla Bulgaria all’Ungheria, dalla Serbia alla Grecia, ma l’elenco è ben più lungo.
Il progetto, già attivo sul nostro territorio, ha visto il recupero e la valorizzazione del Monumento ai caduti di piazzale della Vittoria e la rifunzionalizzazione e restauro dell’ex Gil, inserendoli in un itinerario culturale ed artistico di respiro europeo.
L’ex casa del fascio di Predappio, diventerà un’ulteriore tappa di quest’ itinerario: un edificio di indubbia qualità, si presenta con un impianto planimetrico ad L che si eleva su tre piani fuori terra per poco più di duemila metri quadri. Lineare e semplice nella comprensione e nell’uso; ingresso e scale centrali danno l’accesso ad ampie ali laterali senza particolari divisioni o vincoli organizzativi, lasciando così numerose possibilità di utilizzo. Vista la grande versatilità dell’edificio, il patrimonio storico e culturale di cui si fa testimone e considerando la nuova cultura architettonica che si sta sviluppando in questi ultimi anni riguardo l’importanza del recupero degli edifici esistenti, ma anche la razionalizzazione dell’uso dei terreni liberi e un ciclo di vita più virtuoso dei materiali, per noi rimane indubbiamente valida l’idea di voler recuperare questo edificio e ridargli una nuova vita.
In merito alla destinazione d’uso della struttura deve prevalere il buon senso e la razionalità, senza arrivare a conclusioni semplicistiche: è innegabile che l’architettura del ventennio sia fortemente legata ad un periodo storico politico e culturale. Volerlo nascondere o dissimularlo rischia di diventare un vano tentativo, ma non possiamo nemmeno permettere che interventi di questo tipo diventino megafoni per la propaganda.
L’equilibrio come sempre non è un obiettivo semplice da perseguire ma come la stessa Europa propone, l’idea di raccontare la storia del nostri totalitarismi di stampo nero e rosso, epurata da ogni vizio politico e veicolata unicamente dalla cultura, lo troviamo sicuramente corretto. Crediamo che la chiave di questa vicenda come le altre disseminate in tutto il territorio italiano ed europeo risieda proprio nel ruolo “super partes” che la cultura ha. L’insegnamento, la trasmissione di una visione condivisa dell’identità storica e culturale potrebbero inoltre diventare una fonte importante di sviluppo locale, se gestite e valorizzate attraverso un percorso culturale tra diversi paesi europei che condividono storia e opportunità.
Alessio Serrani & Marco Milandri