
Matteo Santi ci racconta la sua esperienza al montaggio della pellicola uscita questa settimana nelle sale italiane
Il cesenate Matteo Santi Racconta la sua esperienza al montaggio di “Mine”, film evento nelle sale da questa settimana
Anticipato da articoli e recensioni lusinghiere, esce nelle sale in 200 copie “Mine”, di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, registi milanesi che dopo anni di gavetta sono riusciti a realizzare un piccolo miracolo, stando ai primi commenti dei critici. La storia, in breve, è quella di un soldato che lotta per la vita dopo aver messo inavvertitamente il piede su una mina antiuomo. Non può più muoversi o salterà in aria. In attesa dei soccorsi dovrà trovare il modo di sopravvivere, affrontando tutte le proprie paure. Un’idea apparentemente semplice che rappresenta una grande sfida dal punto di vista realizzativo. Abbiamo intervistato Matteo Santi, filmaker cesenate che ha curato il montaggio insieme a Fabio Guaglione.
– Com’è nata la collaborazione con i registi e la produzione di Mine?
Un giorno Fabio Guaglione, molto presente sui social network, ha postato un annuncio sulla sua bacheca Facebook, in cui cercava “un montatore agile, scattante e estremamente paziente” per il montaggio di “Mine”.
Così, con mille paure addosso (per esempio “sarò all’altezza di un progetto di questo tipo?”) ma sapendo che era una possibilità che capita una volta nella vita, ho mandato un messaggio a Fabio, il quale mi ha ricontattato nel giro di due minuti (oggi, conoscendo Fabio, non la vedo una cosa tanto strana).
Dopo quattro Skype call, sempre più specifiche, con mia estrema incredulità, sono stato “investito della carica di montatore” il 2 di gennaio e il 15 ero già a Milano a montare il film. Insomma, in perfetto “Mine-style” ho dovuto prendere le mie paure, metterle in uno zainetto e fare il passo.
– Al montaggio hai lavorato insieme a Fabio Guaglione, uno dei due registi. E’ stata un’esperienza nuova, anche il fatto di lavorare in coppia?
Per me lavorare fianco a fianco al regista è fondamentale, non si perde tempo, c’è un confronto immediato, se posso scegliere preferisco lavorare così. Molti montatori non amano questo approccio, perché vogliono, in parte, fare “il loro film”, ma è un approccio che non condivido: il montatore deve essere di supporto al regista, proporre delle idee e delle soluzioni. E’ un modo per capire subito se una scena funziona, se stai rispettando la volontà dei registi, su un taglio, un’espressione piuttosto che un’altra, quanto tenere lungo un respiro. Ogni cosa in un film va valutata.
– E’ stato il tuo primo lungometraggio?
Avevo montato altri lungometraggi, super indipendenti, ma “Mine” è stato il mio battesimo in una produzione di questo tipo, è stata una palestra incredibile, mi ha insegnato tantissimo.
– Quali sono state le maggiori difficoltà dal punto di vista tecnico? Tenuto conto del tipo di storia, la fase di editing deve avere un peso decisivo, soprattutto per mantenere alta la tensione.
Faccio un esempio pratico: nel film, durante la tempesta di sabbia, Mike si accorge che lo zaino gli sta volando via e conficca il coltello nella sabbia, bloccando la tracolla. In fase di montaggio, io e Fabio ci siamo accorti che nessuna inquadratura del coltello funzionava bene. O perché troppo fuori dall’inquadratura, o perché non abbastanza dinamica.
Questo è uno dei classici momenti di immobilità al montaggio, in cui l’orologio comincia a ticchettare più velocemente e devi risolvere la situazione.
Alla fine, dopo circa un’ora, ho trovato un take in cui, alla fine di una ripresa, Armie sfilava il suo coltello, così ho avuto l’idea di prendere quel pezzo e metterlo al contrario e ha funzionato alla perfezione. Nei film queste problematiche succedono continuamente, bisogna ingegnarsi e trovare una soluzione. Ma dev’essere approvata dai registi, ovviamente. Un’altra difficoltà è stata la gestione dei tempi: quanto doveva essere lungo un determinato momento? Quanto ci mette Mike a fare quella mossa?
– A proposito di tempo. Quanto ne hai dedicato al film?
Ho passato cinque mesi a Milano. Montavamo giorno e notte, spesso dalle 9 della mattina alle 3 di notte, ininterrottamente, a volte week end inclusi. L’ultimo mese mi sentivo davvero uno zombie. Era difficile restare lucidi, anche perché ero lontano dalla mia famiglia e da mia moglie, che mi ha supportato al 100% e non smetterò mai di ringraziarla per questo. Fortunatamente nel rush finale abbiamo avuto l’aiuto di Filippo, che è stato preziosissimo.
– Hai partecipato alle riprese o sei arrivato solo in fase di post produzione?
Io preferisco sempre tenermi lontano dalle riprese, per non esserne influenzato e giudicare quello che vedo dal mio monitor. Comunque per Mine sono stato scelto quando il film era già stato girato.
– Cosa ti aspetti da questo film? A chi lo consiglieresti?
Mine è un film che consiglio a tutti, dal trailer può sembrare più indirizzato al pubblico maschile ma non è assolutamente così. E’ un film intimo e coinvolgente, con un tema universale (la paura che blocca un passo, quindi una direzione da prendere) in cui ognuno si può riconoscere. In più è un film molto romantico. Andatelo a vedere, perché soprattutto la tenuta del primo week end sarà fondamentale.
– Lo hanno già inserito nella nuova onda del cinema italiano, insieme a Lo chiamavano Jeeg Robot e Veloce come il vento. Cosa ne pensi?
Il cinema in Italia è sempre stato, in larga parte, qualcosa per “pochi eletti”, chiamiamoli così. Da un punto di vista produttivo e realizzativo, Mine è un piccolo miracolo, qualcosa di unico in Italia. Come Jeeg e Veloce come il vento, è fatto da gente appassionata, che ha lottato con le unghie e con i denti. Per ora i risultati sono incoraggianti, speriamo crescano sempre di più.
– Su cosa sei impegnato ora? Tra le altre cose anche Rwanda, un film tutto romagnolo.
A novembre comincerò il montaggio di Rwanda per Horizon Studio, un progetto bellissimo e un tema davvero importante, al centro di questo splendido spettacolo di Marco Cortesi e Mara Moschini, che ora diventa un film. Non vedo l’ora, anche questa sarà una bella sfida.
– Se non sbaglio ti occupi anche di produzioni video a 360 gradi. Hai pensato di fare qualcosa a Cesena, oltre al bellissimo video che hai dedicato alla tua città?
Col Comune di Cesena collaboro spesso. Oltre a L’emozione del viaggio e a quello per Cesenalab, uscito da poco, c’è un altro bel progetto in cantiere legato all’ambiente. In più, Cesena sarà al centro di una storia misteriosa che sto scrivendo, insieme allo sceneggiatore Matteo Bombardi, del Team cesenate “AdAstra”.
Corrado Ravaioli