Scoperta archeologica eccezionale durante i lavori per la realizzazione della “Bretella del Rubicone”

Un’antica Pieve con un sepolcreto di trecento tombe di cui da sempre si cercavano le tracce e il ricco corredo funerario di un uomo aristocratico del settimo secolo a.C.: sono ritrovamenti eccezionali quelli emersi, tra luglio e ottobre 2018, durante la campagna di scavi di verifica preventiva dell’interesse archeologico effettuati tra Longiano e Savignano sul Rubicone dalla Soprintendenza archeologica contestualmente ai lavori di realizzazione della “Bretella del Rubicone”, il collegamento viario tra via Emilia e casello autostradale “Valle del Rubicone”. Un doppio ritrovamento straordinario che offre una nuova chiave di lettura per il sito del Compito, confermato quindi come nodo centrale in connessione al passaggio della via Emilia non solo per l’epoca romana, ma anche per la precedente epoca preromana e per la successiva epoca medievale.

 

Uno scavo archeologico estensivo, condotto dalla ditta Akanthos sotto la direzione scientifica del funzionario di zona della Soprintendenza Archeologia, Bella Arti e Paesaggio di Ravenna, che dall’11 luglio al 25 ottobre per la prima volta ha sondato una area di circa duemila mq nel lato a nord della via Emilia, presso il cosiddetto Campo di San Pietro, portando a inaspettati rinvenimenti di epoca preromana e medievale grazie all’impegno e alle competenze di dodici archeologi e un restauratore della ditta Akanthos e di due restauratori specializzati delle Soprintendenze di Ravenna e di Bologna. Già nel 2009-2010, inoltre, alcuni sondaggi della ditta Ante Quem avevano determinato, sulla base dei dati preliminari acquisiti, la necessità di uno scavo archeologico in estensione sull’area.

 

La Pieve di San Pietro

La Pieve di San Pietro è stato il primo risultato emerso, ponendo così fine alla lunga diatriba relativa alla sua ubicazione. Presenza e riconoscimento dell’antica pieve di San Pietro, infatti, hanno a lungo diviso gli studiosi sulla coesistenza di due edifici al Compito: la pieve di San Giovanni, tuttora esistente, e appunto quella andata perduta di San Pietro, nominate contemporaneamente nei documenti del dodicesimo secolo, poste ad duos iactus lapidis (due tiri di sasso) e con due giurisdizioni diverse.

Sono così stati individuati due edifici sovrapposti tra loro, che documentano due distinte fasi: una più antica di difficile inquadramento cronologico (presumibilmente sesto-settimo secolo d.C.) e una più recente, in linea con le fonti che indicano come coesistenti le due pievi indicativamente nel dodicesimo secolo. Questa seconda fase della pieve, caratterizzata da un’aula unica (dimensioni 17x10m), facciata posta a ovest e un probabile campanile presso il lato sud-est, si presenta come completamente demolita, confermando la lettera del 1577 con la quale il vescovo Castelli della diocesi di Cesena chiede la definitiva demolizione della pieve, ormai un rudere in abbandono, e l’innalzamento di una colonna con croce sul sito dell’antica chiesa. A causa dei limiti di scavo, di entrambi gli edifici mancano dati sulla chiusura verso est, pertanto non sono per ora ricostruibili le caratteristiche delle absidi.

Lungo i fianchi dell’edificio è poi emerso un sepolcreto da circa trecento tombe, con i defunti collocati supini prevalentemente all’interno di fosse semplici, prive di corredo. Infine, di eccezionale interesse è il piccolo edificio a pianta centrale rinvenuto a poca distanza dalla pieve, forse interpretabile come battistero, importante documento della funzione legata al sacramento del battesimo delle pievi.

 

Il corredo funerario del nobile guerriero

Ma non finisce qui. Con il procedere delle attività di scavo, in un’area libera dalle strutture e dalle evidenze archeologiche ricollegabili all’antica pieve, è stata scoperta un’importante attestazione della fase preromana del Compito: una tomba di età orientalizzante, riferibile presumibilmente alla fine del settimo secolo a.C., che porta a inquadrare il Compito, per questa fase così antica, come un luogo di residenza di una comunità ricca e articolata.

All’interno di una fossa di grandi dimensioni (3,40 x 2 metri) è infatti stato trovato un ricco corredo composto da oggetti in ceramica, bronzo e ferro, riconducibili ad un personaggio maschile di alto rango, la cui appartenenza all’aristocrazia è segnalata da oggetti particolarmente preziosi e identitari: un elmo, due schinieri bronzei, un carro e un ricco corredo da banchetto. Alcuni oggetti, come le ceramiche e l’elmo, evidenziano forti richiami al mondo piceno, testimoniando una fitta rete di scambi e di relazioni. L’elmo e gli schinieri indicano poi il ruolo guerriero del defunto, mentre nel ricco corredo da banchetto posto nella sepoltura emergono vasellame ceramico e in bronzo, tra cui due bacili in bronzo, spiedi per la carne, alari e un coltello, tutti in ferro. Il carro, nonostante sia caratterizzato da elementi in bronzo e ferro spesso sottoposti ai fenomeni di grave corrosione, presenta uno stato di conservazione – in particolare dei due cerchioni in ferro e di uno dei mozzi delle ruote del carro – che fa presumere una sua possibile ricostruzione.

Non è stato purtroppo possibile individuare i resti del defunto inumato che, mediante confronti con sepolture simili attestate nel mondo piceno, potrebbero essere stati collocati in un piano soprastante rispetto a quello del corredo e andati perduti, forse perché intercettati dalle arature moderne. “Un rinvenimento archeologico eccezionale – lo definiscono alla Soprintendenza – per gli oggetti di corredo, che portano un contributo decisivo non solo per lo studio del territorio romagnolo in quest’epoca ma anche per quella compagine umbra di cui da tempo si parla, ma di cui mancavano nell’area tracce ed evidenze così significative”.

 

La valorizzazione nel Museo del Compito

La Soprintendenza, quindi, in accordo con le amministrazioni comunali di Longiano e di Savignanointende procedere in tempi brevi con il necessario progetto di restauro e valorizzazione: intento comune è allestire all’interno del Museo archeologico del Compito una vetrina progettata “su misura” per contenere gli oggetti di corredo della tomba principesca, per cui “è necessaria – evidenziano esperti ed amministratori – una campagna di sensibilizzazione e ricerca finanziatori che faccia fronte alle complesse fasi di restauro e a un progetto di allestimento in grado di garantire la completa fruizione del patrimonio recuperato”.

“Ritrovamenti eccezionali – commentano il sindaco di Savignano Filippo Giovannini e l’assessore alla Cultura Maura Pazzaglia – destinati ad arricchire ulteriormente il patrimonio a disposizione di visitatori, turisti e scolaresche al Museo del Compito. Il museo, grazie al lavoro di squadra delle tante realtà istituzionali che negli ultimi due anni ci hanno investito tempo e risorse, è ulteriormente destinato a crescere ed attrarre pubblico ben oltre i confini locali, grazie a questi nuovi reperti da esporre ed al continuo miglioramento dell’allestimento. L’implementazione degli spazi espositivi e la riqualificazione esterna sono oramai indispensabili per potenziare ulteriormente il ruolo centrale di questa sede espositiva”. “E’ una fortuna – aggiungono il sindaco di Longiano Ermes Battistini e  l’assessore alla Cultura Attilio Maroni – che questi reperti possano trovare un’idonea collocazione proprio a due passi da dove sono stati trovati: c’è un intero patrimonio del territorio del Rubicone che sta trovando la giusta valorizzazione”. “

L’importanza archeologica del Compito è infatti nota da sempre, dal momento che il sito è citato nelle fonti itinerarie antiche, quali la Tabula Peutingeriana (copia medievale di una carta geografica del quarto secolo d.C.) e l’Itinerario Burdigalense (un cippo contenente un elenco di località redatto da un pellegrino sempre nel quarto secolo d.C.). Le campagne di scavo condotte negli anni Novanta e quelle più recenti del 2013-2016, concentrate presso il settore a sud della via Emilia, hanno permesso di documentare ciò che le fonti itinerarie indicavano per il Compito: un vicus, ovvero un villaggio di ambito rurale ed itinerario, lungo la via Emilia, con abitazioni private, edifici legati alla vita civile e religiosa e al culto dei morti. 

 

Dati generali

Progetto: collegamento tra la strada statale 9 via Emilia in località San Giovanni in Compito e il casello autostradale “Valle del Rubicone”

Committente: Provincia di Forlì-Cesena (Servizio tecnico Infrastrutture e trasporti – Viabilità , patrimonio e trasporti – Rup progetto Stefano Rastelli, progettista e direttore lavori Gianluca Rizzo)

Procedura amministrativa di riferimento: verifica preventiva dell’interesse archeologico (art. 25, D.lgs 50/2016 “Codice dei contratti pubblici”)

Direzione scientifica: Annalisa Pozzi, Soprintendenza ABAP Ravenna

Referenti restauro: Elena Cristoferi, Soprintendenza ABAP Ravenna; Mauro Ricci, Soprintendenza ABAP Bologna

Ditta archeologica incaricata: Akanthos Srl (Responsabili di cantiere Michelangelo Monti e Lorenzo Urbini)

Durata scavo archeologico: 11 luglio – 25 ottobre 2018

Area indagata: 2000 mq (100 x 20 m)

Personale coinvolto in cantiere: 12 archeologi e 1 restauratore

Supporto logistico: Museo Archeologico del Compito (Cooperativa Koinè; referente Giorgia Grilli)

Foto e testi: © Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Ravenna